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Il rapporto tra l’alimentazione e le emozioni

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Se ti fermi a pensare, cosa succede di solito a un bambino quando piange?

La mamma gli da il seno, il biberon o il ciuccio. Noi non ricordiamo quella sensazione, ma basta osservare un bambino durante l’allattamento, o mentre beve dal biberon o con il ciuccio in bocca, possiamo percepire il suo godimento, il piacere, la calma.

È possibile che proprio qui inizi la nostra abitudine di portare qualcosa alla bocca prima di un bisogno di sentirsi calmi, per sentire piacere o divertimento.

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Cibo ed emozioni

Questa abitudine non sparisce infatti dopo l’infanzia, ma anzi viene rinforzata con gli anni. Quante volte i nostri genitori ci hanno dato una caramella o una barretta di cioccolato perché ci siamo comportati bene, o abbiamo mangiato torte e dolci vari per celebrare eventi speciali.

Il fatto è che nello stesso corpo noi abbiamo il corpo fisico (che possiamo vedere e toccare) e il corpo emozionale (che non possiamo vedere o toccare). Il corpo fisico si riempie di cibo, cioè di prodotti che possiamo vedere e toccare. E il corpo emozionale si riempie con le emozioni, cioè attraverso sensazioni che non si vedono e non si toccano.

Ma allora, per esempio, perché mangiamo cioccolato quando siamo tristi? Mangiare cioccolato riempie davvero il corpo fisico. Il corpo emotivo viene riempito forse mentre lo mangiamo (per il piacere e il godimento del momento), ma dopo? La tristezza sicuramente continuerà, perché in realtà, ciò che la tristezza vuole comunicare non è fame, ma necessità di ascolto per capire quello di cui abbiamo realmente bisogno.

Ma perché reagiamo così anche quando siamo adulti? Perché non sappiamo farlo in nessun altro modo. La società, i nostri educatori non ci hanno mai insegnato a esprimere, a comunicare sentimenti, a nominare ciò che sentiamo veramente. Abbiamo imparato a esternare solo il positivo, perché è ciò che è “ben visto”. Ma crescendo, i sentimenti negativi repressi, per un motivo o per l’altro, si accumulano, e il nostro istinto ci guida verso il cibo, o verso il tabacco, o l’alcol per azzittire ancora una volta quel sentimento.

La relazione tra cibo ed emozioni è più presente nella nostre vite di quanto possiamo immaginare. Spesso ce ne rendiamo conto solo quando abbiamo preso peso.

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Attaccamento a un certo cibo

Ogni persona può avere attaccamento allo stesso cibo ma con caratteristiche diverse e, naturalmente, con un’origine diversa.

Ad esempio:

 

  1. Maria si sente attaccata al normale croissant ogni volta che è arrabbiata.
  2. Paola si sente attaccata al croissant al cioccolato quando è molto nervosa.
  3. Anna sente la dipendenza dal croissant crema quando sente la frustrazione.

 

Per ognuno di loro l’attaccamento alimentare dà (per secondi o minuti) l’emozione opposta a quella da cui sta fuggendo, ad esempio: serenità, calma, gioia …

Quando c’è un attaccamento molto forte a un certo cibo, in realtà questo ci sta comunicando quanto poco ci siamo ascoltati in passato.

Da qui l’importanza di imparare ad ascoltarci, amare e accettare noi stessi.

Vi invito a chiedervi quando sentite quella voglia irrefrenabile verso un certo cibo: cosa mi serve davvero in questo momento? (emotivamente parlando). Forse un abbraccio, relax, divertimento.

Io credo che le diete che hanno lo scopo di far perdere peso non saranno mai complete senza un supporto psicologico ed emotivo alla persona. Ogni squilibrio fisico ha un’origine emotiva. Cercare di dividere corpo e mente ritengo sia un grave errore, che non fa altro portare grandi frustrazioni.

Amici e amiche che mi leggete, se vi identificate in questo articolo vi dico, non c’è nulla in voi che non va nel vostro peso e nelle vostre diete non andate a buon fine.

 

Vi invito a riflettere cercare la risposta – emotiva – dentro di voi.

 

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